La maggior parte dei film che ci sono in circolazione sono destinati a essere dimenticati cinque minuti dopo essere stati visti. Il cinema, come molto altro, è oggi una fabbrica di stipendi e cachet, è la catena di montaggio con cui l'uomo dei “Tempi moderni” di Chaplin è obbligato a confrontarsi e soccombere, già; “Tempi moderni”: un film che ancora non mi è riuscito di dimenticare nonostante da quando l'ho visto sono passati decenni, ovvero ben più dei cinque minuti canonici richiesti dalla mia memoria per liberare spazio con la formattazione del ricordo della visione di un film inutile. A parte rarissime eccezioni, non c'è più nessuna arte nel cinema. Perché oggi abbiamo registi di film idioti, registi di film thriller/erotici, registi di film d'azione con effetti speciali così strabilianti e incredibili che ormai hanno relegato la mescalina a essere un'aspirina che non dà sollievo e non dà evasione neppure da un leggero mal di testa. Oggi abbiamo film coi soliti attori che purtroppo non fanno mai gli assenteisti e che ogni mattina si presentano alla macchinetta per timbrare il cartellino.
“Evviva l'assenteismo!” mi verrebbe da gridare.
Ma purtroppo oggi sono tutti ligi alla timbratura: otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana che in un anno maturano circa un mese di sacrosante vacanze. …ché in fondo anche i paparazzi tengono famiglia…
In questa fabbrica internazionale di registi e attori, di cantanti e producer musicali, di presentatori e mezzi busti televisivi, di giornalisti/giornalai atti a dare ai problemi seri solo il grande scoop della visibilità e del guadagno personale, non soluzione, per fortuna dell'arte cinematografica abbiamo ancora qualche rarissima eccezione sia tra i registi che tra gli attori. E parlando di eccezioni nel campo della regia del cinema italiano non posso esimermi di parlare di Paolo Sorrentino.
Qualche giorno fa ho visto “Parthenope”. L'ho visto in quel contenitore di rifiuti che risponde al nome di Netflix, perché a volte capita di buttare via una cosa di valore, vuoi per sbaglio vuoi per ignoranza del valore dell'oggetto buttato, vuoi perché qualcuno ti disse che producendo quel film avresti fatto un sacco di soldi che effettivamente hai fatto, vuoi perché anche camorra e mafia con la raccolta dei rifiuti fanno affari d'oro e poco o nulla gl'importa se ogni tanto qualcuno butta un diamante nel cassonetto che da lì a poco prenderà fuoco producendo densi e alti fumi neri altamente cancerogeni.
“Parthenope”, recitazione esclusa, è un film di rara bellezza.
“Parthenope” è un film che ama e odia Napoli, è un film che dà e allo stesso tempo toglie, “Parthenope” è un film che racconta che Napoli è lo specchio d'Italia e forse addirittura del mondo, uno specchio di acqua e sale, mare, oceano, racconta che Napoli è un figlio deforme che richiede al padre di chiudere gli occhi per poter prima amare il proprio figlio e poi sopravvivere. Napoli, perciò l'Italia e forse il mondo, secondo quanto mi è parso di capire da Sorrentino è antropologicamente immodificabile da un'antropologia che ha tradito la sua natura al punto che neppure uno tra i più grandi luminari d'antropologia riesce più a definire, a spiegare e a spiegarsi che scienza sia un'antropologia che si è scordata dell'umanità, un'antropologia che ha smesso di studiare l'individuo per dedicarsi unicamente allo studio e all'idolatria delle individualità.
Vedi Gaza, vedi molto altro; forse troppo altro…
Il tutto in un racconto che, seppure in un contesto molto diverso e con una conoscenza e messa in pratica della tecnica cinematografica decisamente superiore, mi rimanda al cinema di Pier Paolo Pasolini.
Cinque minuti sono ormai passati da circa una settimana e il film non l'ho ancora dimenticato, anzi…
Grazie, Paolo
P.S.
Mi chiedo che fine avrebbe fatto questo film se a pensarlo fosse stato un Nessuno come me anziché Paolo Sorrentino.
La risposta?
Ce l'ho io e ce l'abbiamo tutti: meno male che questo film l'ha pensato Paolo Sorrentino, altrimenti adesso la mia memoria avrebbe già formattato il film che non sarebbe stato “Parthenope”, film che non avrei potuto vedere perché su Netflix non ci sarebbe stato nessun film meritevole d'impegnare spazio nell'hard disk per fortuna poco capiente che è la mia memoria: la mia memoria non è mica una discarica!